Cristina Quisbert fa parte di Voices Bolivianas, un progetto di giornalismo partecipativo che ha l'obiettivo di promuovere l'uso dei nuovi media nella comunità aymara di El Alto in Bolivia. Un dei tanti in giro per il mondo, molti dei quali sono raccolti e finanziati da Rising Voices Online, un progetto voluto dall'Harvard Law School’s Berkman Center for Internet and Society,. In questo video interviene alla WeMedia Conference, che si è tenuta a Miami lo scorso febbraio, raccontando l'importanza e il significato che ha per lei scrivere un blog. “Se non scriviamo noi di noialtri chi lo farà?". In Bolivia gli indigeni sono il 62% eppure non sono mai stati rappresentati dai media tradizionali. "Loro – i bianchi -" spiega ancora Cristina "scrivono delle loro cose e di questa terra. Ma anche noi facciamo parte di questa terra ed è per questo che voglio raccontare gli indigeni, la vita quotidiano nella mia città, El Alto, che forse agli altri può sembrare molto semplice. Storie quotidiane come quella della padrona di un negozio del mio quartiere alla quale abbiamo ancora la fortuna di poter chiedere un prestito. Questo è quello che scrivo nel mio blog
sabato 17 maggio 2008
Il blog per diffondere la cultura aymara in Bolivia
Cristina Quisbert fa parte di Voices Bolivianas, un progetto di giornalismo partecipativo che ha l'obiettivo di promuovere l'uso dei nuovi media nella comunità aymara di El Alto in Bolivia. Un dei tanti in giro per il mondo, molti dei quali sono raccolti e finanziati da Rising Voices Online, un progetto voluto dall'Harvard Law School’s Berkman Center for Internet and Society,. In questo video interviene alla WeMedia Conference, che si è tenuta a Miami lo scorso febbraio, raccontando l'importanza e il significato che ha per lei scrivere un blog. “Se non scriviamo noi di noialtri chi lo farà?". In Bolivia gli indigeni sono il 62% eppure non sono mai stati rappresentati dai media tradizionali. "Loro – i bianchi -" spiega ancora Cristina "scrivono delle loro cose e di questa terra. Ma anche noi facciamo parte di questa terra ed è per questo che voglio raccontare gli indigeni, la vita quotidiano nella mia città, El Alto, che forse agli altri può sembrare molto semplice. Storie quotidiane come quella della padrona di un negozio del mio quartiere alla quale abbiamo ancora la fortuna di poter chiedere un prestito. Questo è quello che scrivo nel mio blog
sabato 10 maggio 2008
L'AIDS una piaga anche nei paesi arabi
Qualche settimana fa guardavo un programma sulla TV araba Al-Jazeerah. Trattava della diffusione dell’AIDS e delle altre malattie trasmesse per via sessuale nel mondo arabo. Il conduttore in maniera intelligente ha tentato di trattare questo argomento dal punto di vista religioso, invitando un ospite esperto sia di medicina sia di religione. L’AIDS è in aumento in tutto il mondo arabo. Nessuno lo ammette ma è così. Noi tutti sappiamo come l’HIV si tramette e sappiamo che è importante praticare sesso sicuro.
Ma non è questo che mi ha incuriosito del programma. Quello che ha catturato la mia attenzione è che l’HIV e le malattie trasmesse sessualmente sono in aumento tra le coppie sposate e non più soltanto tra gli omosessuali. L’ospite, esperto in epidemiologia e in malattie infettive, ha affermato che lui stesso ha conosciuto moltissime coppie eterosessuali colpite dall’AIDS e che, tra l’altro, non sono mai comparse nelle statistiche ufficiali. Nel 99% dei casi è la donna che viene infettata dal marito. Un uomo che ha avuto un rapporto extra coniugale non protetto con altre donne o altri uomini. Un uomo che ritorna da un viaggio di affari, o da un serata passata fuori casa, e offre a sua moglie un bacio di morte. Questo argomento è coperto da silenzio nel mondo arabo. Si dice: “noi musulmani non facciamo certe cose” e se qualcosa trapela è meglio “buttare tutto sotto il tappeto, e non lasciare che qualcuno sappia qualcosa”. Il muro della tradizione e della cultura è talmente spesso che è quasi impossibile parlare in pubblico di queste malattie senza essere accusati di volgarità e immoralità.
E nel frattempo le vittime dell’AIDS muoiono in silenzio, rinchiuse in stanze isolate e coperte da colpa e vergogna.